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Il progetto Cicogna bianca

Il progetto Cicogna bianca Cicogna Bianca (foto Massimo Brambilla)
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Le fonti storiche attestano la presenza della cicogna bianca in epoca romana (dal I secolo a.C.) sino al XV secolo. Ma è solo dalla fine degli anni Cinquanta, in Piemonte, che la cicogna bianca è tornata a nidificare in Italia grazie all’opera e all’impegno concreto della Lipu e del Centro Cicogne di Racconigi, in provincia di Cuneo.

I casi successivi di riproduzione sono relativi a Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna.

A partire dal 1988, il numero di coppie è progressivamente aumentato, grazie anche a progetti di restocking. Negli anni Novanta si è assistito a un notevole incremento della popolazione italiana di cicogne, soprattutto in Calabria e Sicilia (che oggi conta circa un terzo della popolazione attuale), con un numero di coppie stimato in oltre 200. Attualmente, nidifica spontaneamente o a seguito di reintroduzioni in 10 regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Complessivamente la specie gode attualmente di un buono stato di salute e risulta essere in espansione, ed è considerata a basso rischio di estinzione. 

Certamente lo studio e il monitoraggio delle prossime stagioni riproduttive, che vede la Lipu leader con numerosi gruppi locali che monitorano costantemente le cicogne (delegazione di Niscemi, Rende, Salerno, Foggia, Milano, Biella-Vercelli, ecc.), servirà a delineare meglio l’andamento della popolazione in Italia, utilizzando sia misure dirette per la sua conservazione, quali ad esempio installazione di sagome e piattaforme su tralicci per attirare nuovi individui riproduttori, isolando tali tralicci e mettendo in sicurezza i tratti della linea elettrica adiacenti ai nidi, scongiurando infine fenomeni di elettrocuzione ancora frequentemente segnalati in Italia settentrionale. Un’altra forma di tutela è la riduzione del disturbo in prossimità del nido, soprattutto in periodo di cova e nelle ultime settimane prima dell’involo dei giovani. Più in generale, nell’ultimo trentennio la maggiore minaccia è il cambiamento d’uso del suolo che è andato di pari passo con l’intensificazione delle pratiche agricole e l’impoverimento delle aree di alimentazione dal punto di vista della quantità e della qualità di cibo.

Infine, per reperire maggiori informazioni sullo svernamento e sulla migrazione dei giovani, sarà auspicabile nel corso dei prossimi anni, realizzare una campagna di inanellamento a scopo scientifico, che preveda, possibilmente, anche, l’installazione di trasmittenti satellitari su alcuni soggetti.  

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