Ancora incidenti di caccia, ancora vittime tra i cittadini, tra cui donne e bambini.
Erika, la donna incinta che a Monza è rimasta ferita da un pallino da caccia mentre percorreva una pista ciclabile, è solo l'ultima delle tante vittime della caccia, un'attività il cui esercizio oggi non ha più senso di esistere, soprattutto se consideriamo l'alta cementificazione delle nostre aree metropolitane. Attorno alle città le distanze tra abitazioni e luoghi di lavoro e l'intersezione con strade e vie trafficate forma un reticolo che non consente una caccia in sicurezza.
Facile, dunque, che accadono incidenti.
«In provincia di Lecco – dichiara Fulvio Mamone Capria, presidente della Lipu-Birdlife Italia - un bambino di 12 anni è stato colpito alla spalla e alla gamba mentre giocava fuori casa. Dopo il primo sparo è riuscito a proteggere il fratellino di due anni facendogli da scudo. È possibile che i nostri figli debbano rischiare la vita mentre giocano fuori casa? È normale che ancora oggi l'articolo 842 del codice civile consente ai cacciatori di entrare nelle proprietà private senza permesso?
«Ci pare il caso di riaprire seriamente la questione della sicurezza, legata alla caccia e all’articolo 842, una condizione che dobbiamo garantire ai cittadini comuni, quelli che vogliono passeggiare, giocare all'aria aperta, vivere la natura in modo sicuro. A 59 milioni e più di cittadini italiani e ai turisti dobbiamo offrire garanzie di incolumità e serenità. Non si gioca con la vita umana – conclude il presidente Lipu - soprattutto se lo scopo è quello di portarsi a casa pochi grammi di selvaggina, come la chiamano i cacciatori, anch'essa spaventata e uccisa ormai solo per gioco».
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