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Il passero, solitario

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Un estratto da "Il passero, solitario", il piccolo libro blu scritto da Angelo Meschini per la Lipu

Nel 2018, anche per celebrare le origini dell'associazione, la Lipu realizza con Angelo Meschini, socio, ornitologo, appassionato di uccelli e natura, un piccolo, delizioso libro sul passero solitario, una delle specie preferite di Angelo assieme all'occhione e alla ghiandaia marina. Il merlo blu, come amava chiamarlo.

Angelo è mancato prematuramente, lo scorso agosto.

Vogliamo ricordarlo oggi, nel giorno del nostro sessantesimo compleanno, il "Giorno blu" della Lipu, con un estratto da "Il passero, solitario". Sperando che il passero solitario "torni" e resti, nella sua amata Viterbo.


Capitolo 4. Rocca Albornoz, di quando gli uccelli non leggono i libri a loro dedicati

Per fortuna, i merli blu non erano furibondi quanto me. Un’amministrazione cortomirante aveva posto, nel perimetro di Piazza di Rocca Albornoz, una serie di fioriere, all’interno di massicce e diffuse aiole bianche di travertino. In una città scura, quel contrasto geologico e cromatico faceva impressione per la mancanza totale di rispetto storico, architettonico, di buon gusto. Pensai che a Viterbo, esiste una Sovrintendenza ai beni culturali, un Ordine degli architetti e addirittura una Università di Beni culturali, immagino con un Rettore. Rimasi stupito dalla loro inerzia rispetto a quello sconcio. Ma intanto il merlo blu, un maschio cobalto, traccheggiava tra San Francesco e la Rocca, e così i pensieri nuvolosi si allontanarono.

La Rocca Albornoz di Viterbo fu costruita nel 1354 dal Carrillo de Albornoz, incaricato dal papa di riconquistare alla Santa sede i territori che, a causa della lunga permanenza del papato ad Avignone, erano stati allontanati dalla sua influenza. Il palazzo ha ovviamente subito gli eventi della storia, restando ferito ma non domo, con la sua maestà sobria e imponente, così intimamente connesso alle mura cittadine. Duramente colpito dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, fu curato affettuosamente e rimesso su piedi solidi a dominare la piazza, imperscrutabile e silenzioso.
Gli uccelli non leggono i grafici a torta degli ornitologi e neanche le loro opere, secondo cui il passero solitario nidifica da aprile a luglio. Era il quattro aprile e il maschio continuava a salire e scendere l’erta della Basilica di San Francesco alla Rocca, portando già qualcosa che sembrava proprio “l’imbeccata” per i pulcini. Eccolo che arriva con una cavalletta, poi con un coleottero che non distinguo, poi una lucertola appena sveglia dal letargo invernale.

La frequenza dei viaggi era molto elevata: una preda ogni tre minuti e tutto a carico del maschio. Non c’erano più dubbi: quelle prede erano destinate a una prole famelica. I ritmi d’imbeccata avevano una cadenza così frenetica, che i pulli dovevano essere già belli grossi. Così presto? Mancava solo di trovare il nido. L’impresa, a differenza del solito per i passeri solitari, fu di una semplicità disarmante. Il nido era posizionato nella loggia della Rocca Albornoz, al secondo travetto che reggeva il tettino, in corrispondenza dell’appoggio della trave al muro. Da quel nido, i passeri solitari potevano vedere il viavai delle macchine della piazza, osservare i mercatini degli oggetti antichi e i viterbesi rimasti allo stato brado: quelli del centro storico. Ripercorrendo all’indietro il tempo, fino alla deposizione delle uova, l’inizio della nidificazione doveva risalire ad almeno venti giorni prima. La cova nel merlo blu dura da dodici a quindici giorni e il periodo che va dalla schiusa all’involo, dalle due settimane ai diciotto giorni. Il quattro aprile, al principiare di una giornata ventosa e sciroccale, ci sono tre pulcini di passero solitario, sulla balconata della loggia. Appallottolati e vicini, imbeccati da entrambi i partner ora, con gli occhi al cielo e vicinissimi per non disperdere calore. Non è nota per l’Italia una nidificazione così precoce. Ma gli uccelli, dicevamo, non leggono i libri.

I pulcini non hanno paura, sanno di dover affrontare la stagione della loro vita rocciosa, guardando in alto, con fierezza e coraggio. Li guardo ancora per un paio d’ore, muoversi sul peperino, un po’ goffi e già svolazzanti. Sono commosso, e lo sarebbe chiunque. Non per il record di precocità ma proprio per loro, per quel tessuto morbido grigio e blu, che a ogni arrivo dei genitori si arricchisce del colore arancio del becco aperto, del cavo orale spalancato.

Ora non cercateli più, i passeri solitari della Rocca. Non ci sono più. Se ne sono andati a causa di quella parolina magica tanto in voga: “Fruizione”. La loggia di Rocca Albornoz adesso è visitata frequentemente, non so da chi. I passeri solitari sono stati “amorevolmente” sfrattati. Eppure, loro e un posto così bello, si meritavano, si meritavano a vicenda.

Immagine
La copertina del libro © Lipu