Ghiandaia Marina
Coracias garrulus
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
La Ghiandaia marina è una delle specie più appariscenti che vivono e si riproducono nel vecchio continente. Petto e ventre turchese, così come la testa, il piumaggio sfuma invece nelle tonalità del castano sul dorso e del verde smeraldo nelle estremità. Ali blu e azzurre. I sessi sono simili. Legata ad ambienti eterogenei, alberati ma non troppo chiusi, evita zone desertiche o praterie senza alberi. In generale sembra favorire querceti radi e pinete con radure o brughiere inframmezzate alla copertura arborea. Nidifica
in cavità di alberi, costruzioni abbandonate o anche in sponde sabbiose o pareti rocciose. Può nidificare anche in cassette nido e in altri manufatti. Si nutre principalmente di insetti, prediligendo Coleotteri e Ortotteri, ma cattura anche piccoli Vertebrati.
La popolazione italiana risulta nidificante e interamente migratrice. Lo svernamento avviene nell’Africa tropicale, specialmente nella porzione orientale del continente. Da notare, anche in questa specie, la maestosa “danza nuziale” dei maschi: prima della riproduzione, i maschi compiono spettacolari acrobazie aeree, mentre la luce solare si riflette sul piumaggio e attira in questo modo l’attenzione della femmina. Il viaggio di ritorno comincia già alla metà dell’estate.
La Ghiandaia marina è presente soprattutto nella porzione mediterranea e orientale del vecchio continente. In generale, questa specie era molto più diffusa alle nostre latitudini tra fine Ottocento e inizio Novecento, prima dell’inizio di un lungo e inesorabile declino, dovuto molto probabilmente alla minore disponibilità di siti idonei alla costruzione del nido.
Vive in climi caldi, dove le estati sono lunghe e assolate, la sottospecie nominale garrulus abita il Nord Africa, l’Europa, l’Asia Minore, fino ad Iran e Siberia sud-occidentale. Altre sottospecie vivono inl Medio Oriente, fino al Pakistan e alla Cina occidentale, mentre a nord il limite dell’areale distributivo è segnato dallo sconfinato Kazakistan.
Lo Status
La Ghiandaia marina ha stato di conservazione inadeguato, a causa del degrado e della riduzione del suo habitat ottimale. Anche a livello continentale lo stato di conservazione della specie non è favorevole. La popolazione italiana conta 600-1.000 coppie e il trend appare in aumento negli ultimi decenni.
Nonostante la sostanziale stabilità, il trend di popolazione appare nei fatti notevolmente più complesso, con decrementi e fluttuazioni locali nell’Italia centrale accompagnati a una recente colonizzazione della Pianura Padana centro orientale. Quello a cui si assiste corrisponde, con tutta probabilità, a uno spostamento di baricentro dell’areale verso settentrione, come dimostrerebbe la crescita di coppie nidificanti in Emilia-Romagna e in Veneto.
Si è rilevato infatti un notevole incremento del contingente nidificante tra Veneto ed Emilia-Romagna, mentre in buona parte dell’Italia centrale si registrano fluttuazioni nella maggior parte dei casi orientate al decremento.
Mancano informazioni su dinamica di popolazione e parametri demografici, fatta eccezione per alcuni studi locali: per esempio, in Sicilia è stata censita una media di 3,6 giovani involati per coppia di successo, 3-5 quelli rilevati in provincia di Ravenna, meno di 2 in provincia di Parma.
Le Minacce
Recentemente il riscaldamento climatico ha reso parzialmente ospitali aree in precedenza evitate dalla specie.
La Ghiandaia marina evita le colture cerealicole per spingersi più spesso in uliveti e aree irrigate, anche se l’irrigazione costituisce frequente causa di mortalità per i pulcini. Molto probabilmente, a fare la differenza rispetto alle numerose fluttuazioni locali registrate nell’Italia centrale è il degrado dell’habitat dovuto alla diffusione dell’agricoltura intensiva, un fattore certamente più impattante rispetto alla scarsa disponibilità di prede.
Pur nidificando occasionalmente in strutture di origine antropica – per esempio, in Emilia-Romagna, le torrette di media e bassa tensione – la specie ha sofferto molto per il drastico declino di siti idonei alla costruzione del nido, quali i frutteti estensivi, i seminativi non irrigui, i querceti radi e le pinete con radure e le praterie inframmezzate da boschi. L’intensificazione delle pratiche agricole comporta dunque una riduzione della disponibilità di siti idonei alla nidificazione ed una diminuzione qualitativa e/o quantitativa degli habitat di alimentazione. A fare la differenza (in negativo) rispetto alle numerose fluttuazioni locali registrate in Italia centrale, è il degrado dell’habitat dovuto alla diffusione dell’agricoltura intensiva, il fattore probabilmente più impattante per la specie.
La Tutela
Mantenere forme di agricoltura non intensiva, attraverso adeguate politiche di sostegno all’interno dei Piani di Sviluppo Rurale, è essenziale per conservare ambienti strutturalmente idonei e ricchi di potenziali prede. Favorire l’insediamento della specie nelle aree occupate in tempi storici, successivamente abbandonate e ora in fase di ricolonizzazione, attraverso la tutela dei siti riproduttivi. Mantenere popolazioni vitali nelle aree dove
la specie appare ancora a rischio, soprattutto laddove risulta localmente in grande sofferenza, attraverso conservazione e adeguata gestione degli habitat.
Va rilevata una buona risposta della specie alla posa di nidi artificiali. Un fattore in grado di compensare, se pure parzialmente, la diminuzione di siti idonei per la nidificazione.
Studi approfonditi riguardano le aree di recente colonizzazione – quali appunto le province emiliano-romagnole sopra ricordate – ed è la mancanza di dettagliate informazioni generali a rendere impossibile la determinazione di un Valore di Riferimento Favorevole (FRV). Risulta comunque utile, per fornire alcune indicazioni generali di conservazione, distinguere la popolazione della bioregione continentale – ridotta ma in espansione – dalla bioregione mediterranea, in cui la specie appare in sofferenza.
È in queste aree, dove le popolazioni sono estremamente ridotte rispetto alla consistenza storica, che vanno indirizzati gli interventi, volti alla tutela dei siti riproduttivi e, ove necessario, sfruttando le cassette nido che – è stato dimostrato – possono essere utilizzate con successo dalla specie. Queste azioni dovrebbero essere mirate anche a favorire la ricolonizzazione di aree occupate in tempi storici, favorendo in modo particolare gli episodi di ricolonizzazione spontanea.