Balia dal collare
Ficedula albicollis
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
Ascolta il canto
Descrizione
Passeriforme molto simile alla più comune Balia nera; il piumaggio del maschio è tipicamente bicolore: bianco nelle parti inferiori e nero su quelle superiori, dove risaltano ampie chiazze bianche sulle ali e soprattutto un caratteristico e diagnostico collare bianco. La femmina ha toni più grigio marrone. Presenta una lunghezza media di 13 cm, un’apertura alare compresa tra 22,5 e 24,5 cm e un peso tra 10,7 e 16,8 grammi.
Specie forestale, abita regioni a clima temperato più caldo rispetto alla congenere Balia nera, rispetto alla quale sembra altresì più legata alla parte superiore della chioma degli alberi, piuttosto che ai rami bassi. Occupa boschi di latifoglie, ed in particolare quercete, faggete, boschi di tiglio, castagneti, purché vi siano alberi vecchi (160-200 anni) e ricchi di cavità, ove trovare riparo e costruire il nido. Predilige i boschi aperti e luminosi e utilizza frequentemente i nidi artificiali.
Si alimenta di insetti, catturati abilmente in volo.
La Balia dal collare nidifica esclusivamente in Europa, soprattutto nell’Europa orientale. Migratrice trans-sahariana, compie lunghissimi viaggi per raggiungere i quartieri di svernamento, il più delle volte posti in Africa a sud dell’Equatore, dove si estendono dalla Tanzania fino a Malawi, Zambia e Zimbabwe.
Nel nostro Paese è un migratore regolare e nidificante localizzato, distribuito in un areale riproduttivo discontinuo e frammentato che comprende l’arco alpino centrale ed alcune aree della dorsale appenninica centro-meridionale, dove predilige antichi castagneti e faggete. Le popolazioni principali si riproducono nei territori appenninici di Abruzzo, Molise e Calabria ad altitudini comprese tra i 1.200 m ed i 1.800 m.
Lo Status
La Balia dal collare ha in Italia uno stato di conservazione cattivo, a causa di una contrazione della popolazione soprattutto nelle zone marginali dell’areale (ad es. in Piemonte la specie non è stata confermata come nidificante da alcuni decenni). A livello continentale, lo stato di conservazione della specie è favorevole. La popolazione italiana conta 1.000-3.000 coppie e il trend appare in declino negli ultimi decenni.
Per quanto concerne il successo riproduttivo, sono stati rilevati 3,7 giovani involati per nido in nidi artificiali in Abruzzo.
Le Minacce
Il calo consistente verificatosi a partire dagli anni Ottanta nell’intero settore prealpino è probabilmente da mettere in relazione al susseguirsi di primavere fresche ed eccezionalmente umide, che hanno influito sul successo riproduttivo e provocato, in definitiva, una contrazione di areale. L’abbandono dei castagneti vetusti o la loro conversione in impianti più giovani e a ricambio più ravvicinato negli anni, è probabilmente la minaccia più grave che influisce sulla popolazione italiana della specie, unita ad una gestione forestale raramente attenta, al di fuori delle aree protette, alle esigenze ecologiche di questa come di altre specie per le quali dalla disponibilità di vecchie piante dipende l’intero ciclo riproduttivo.
Studi condotti in altri Paesi europei hanno mostrato come la predazione naturale da parte di Picchio rosso maggiore, Martora e gliridi rappresenti il principale fattore di perdita di uova e pulli.
La Tutela
Il mantenimento di vecchie piante rimane una priorità per la conservazione di questa e di altre specie forestali che nidificano nelle cavità degli alberi, raggiungibile attraverso la diffusione di pratiche di gestione forestale più attente e compatibili con le esigenze ecologiche della specie. Occorre incentivare in particolare il mantenimento dei castagneti caratterizzati dalla presenza di piante vetuste. Ad oggi, per esempio, le massime densità della specie in Italia si rilevano in quelle aree protette, come il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove il problema della salvaguardia delle vecchie piante è stato da tempo considerato una priorità. Un’alternativa è rappresentata dalla posa di cassette nido in aree di presenza della specie in periodo riproduttivo e con carenza di cavità naturali; questo può rappresentare una soluzione in grado di compensare parzialmente, a medio termine, la diminuzione di siti idonei per la specie.
Specie poco studiata in Italia, per la quale disponiamo di informazioni sparse, relative a contesti geografici ridotti, a scala locale o al massimo regionale. Sarebbe importante ottenere indicazioni quantitative sulle esigenze ecologiche della specie.
Gli scarsi dati disponibili permettono di fornire un valore indicativo di 3.000 coppie come valore di riferimento favorevole (FRV); tale valore dovrebbe essere preso come riferimento sia per la popolazione appenninica che per quella italo-elvetica alpina e prealpina. Nei boschi d’alto fusto dell’Appennino centro-meridionale, in particolare, occorre puntare al mantenimento di densità di almeno 2-3 coppie ogni 10 ettari in aree idonee.