Airone guardabuoi
Bubulcus ibis
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
L’Airone guardabuoi è un piccolo airone dall’aspetto piuttosto tozzo e dal piumaggio bianco, che però nel periodo riproduttivo sfoggia penne arancioni soprattutto sul vertice e sul petto e presenta becco e zampe color carnacino. I sessi non sono distinguibili. La sottospecie nominale abita Africa, Asia sud-occidentale, Europa, Nord e Sud America, Asia e Australia. In Italia è specie migratrice, svernante parziale, dispersiva e nidificante di recente immigrazione, in quanto la prima nidificazione è stata documentata nel 1985 (Sardegna), con successiva colonizzazione della Pianura Padana occidentale e della Liguria. Attualmente è ben distribuito come nidificante nelle zone umide della Pianura Padana e dell’Alto Adriatico, mentre presenta una distribuzione più frammentaria, sebbene in incremento, nelle regioni centro-meridionali.
Nidifica in garzaie, sia in zone umide interne che costiere, con vegetazione palustre e arbustiva, boschi igrofili, localmente pioppeti, preferibilmente nei pressi di risaie. Il nido viene collocato su alberi, arbusti e vegetazione palustre, ma ha nidificato anche su conifere, di norma fino a 200 m. di altitudine e occasionalmente fino a 300-450 m. Talvolta i nidi sono così vicini da toccarsi gli uni con gli altri (anche fino a un centinaio sullo stesso albero).
Appare meno legato agli ambienti acquatici (fiumi, torrenti, stagni, laghi, risaie, canali, lagune, prediligendo i margini erbosi ai nuclei centrali delle zone umide) rispetto agli altri aironi del Paleartico e frequenta molto spesso pascoli, steppe semi-aride, marcite, campi arati. Spesso segue trattori al lavoro nei campi e mandrie al pascolo di animali domestici durante il giorno e forma dormitori notturni in zone tranquille, spesso all’interno delle zone umide. Si nutre di pesci, anfibi e invertebrati acquatici e terricoli, nonché di piccoli roditori (arvicole) che scova nei terreni agricoli in fase di lavorazione, benchè in realtà preferisca alimentarsi tra bovini, equini ed ovini al pascolo (abitudine dalla quale deriva il suo curioso nome), dai cui parassiti trae nutrimento.
Lo Status
La popolazione nidificante in Italia appare in netto incremento ed espansione di areale e la specie viene attualmente classificata come sicura anche a livello europeo, ove ha mostrato un notevole incremento numerico nel corso del XX secolo. La popolazione italiana veniva stimata in 4.500-5.000 coppie a metà anni 2000, con un andamento positivo nel periodo successivo.
Per quanto concerne il successo riproduttivo, i dati disponibili sono scarsi e indicano tra 2,44 e 2,77 giovani per coppia.
La specie risulta in incremento in Italia anche come svernante, sia come popolazione che come areale; la specie ha iniziato a diventare una presenza regolare in inverno negli anni ’80 del secolo scorso in Sardegna, con un successivo ampliamento di popolazione e di areale (Pianura Padana, Italia centrale, Sicilia), tale per cui le stime più recenti (2018) indicano una popolazione svernante nel nostro Paese pari a 12.000 – 13.000 individui, rispetto ai 2.000 – 2.500 individui stimati nel 2002. In svernamento, frequenta paludi, prati allagati, marcite, campi arati, pascoli, acque salmastre, rive di corsi d’acqua, centri urbani e zone montane fino a circa 1.000 m. di altitudine.
Le Minacce
La protezione delle garzaie ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale nella crescita dell’areale e delle popolazioni della specie in Italia. Le principali minacce riguardano attualmente, a scala locale, la fragilità di alcune colonie (in termini di disturbo e/o alterazione e distruzione degli habitat) e, più in generale, i possibili cambiamenti sfavorevoli delle pratiche agro-pastorali nelle aree di bonifica e di pascoli adiacenti a zone umide.
La Tutela
L’Airone guardabuoi ha mostrato una vistosa espansione di areale accompagnata dall’incremento del contingente nidificante e svernante, in Italia e non solo. Le fluttuazioni mostrate dalla specie, da mettere soprattutto in relazione ad inverni più rigidi della media, non destano preoccupazione. Sulla base delle conoscenze attuali e dell’incremento demografico, le popolazioni principali sono verosimilmente da ritenersi vitali anche a lungo termine.
Un possibile fattore di rischio è rappresentato dalla concentrazione delle popolazioni e risulta quindi importante favorire l’affermarsi di popolazioni auto-sufficienti nelle aree ove la specie è ancora poco rappresentata, attraverso la tutela dei siti di riproduzione e la corretta gestione delle aree di alimentazione, nonché proseguendo il monitoraggio della specie a livello nazionale e raccogliendo dati su successo riproduttivo e mortalità.
È auspicabile una gestione del territorio che tuteli le pratiche agricole tradizionali e soprattutto il pascolo all’aperto di erbivori domestici, quali bovini, equini o ovini, in ambienti prativi, dato il legame “simbiotico” che unisce la specie a questi mammiferi.
La colonizzazione italiana è troppo recente per portare alla formulazione di un valore di riferimento favorevole (FRV) su basi scientificamente fondate.