Lipu Onlus, natura, uccellie animali selvatici in Italia
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Giovedì, 04 Novembre 2021 16:17

Gabriella

Ci sono persone che credono che un futuro migliore sia possibile. Lo leggono negli alberi, nel cielo, nella multiformità della vita che le circonda. E affidano il loro sogno alla Lipu. Quella che segue è la testimonianza di Elda, una socia Lipu:

E’ difficile ricordare precisamente come ho conosciuto la Lipu, sono passati più di 40 anni… Ricordo però che abitavamo in campagna e c’erano tantissimi cacciatori e, di conseguenza, dappertutto, vedevo strage di uccelli. Allora ci sembrò un miracolo che esistesse un’associazione così. Sono tanti anni che sono Socia Lipu e, nel tempo, ne ho apprezzato la concretezza e la grande apertura mentale, ovvero la capacità di dialogo e il senso di umanità.

elda e lucianoelda e lucianoAnche se non conosco personalmente gli altri Soci, mi sento parte di una grande famiglia. Infine, cosa non meno importante, condivido la grande attenzione all’educazione dei giovani di questa Associazione. Io ero insegnante e ricordo ancora l’entusiasmo dei ragazzi nel vedere i conigli saltare e gli uccelli spiccare il volo.

un testamento per gli animaliun testamento per gli animaliCosì, io e mio marito, abbiamo maturato una scelta importante, abbiamo deciso di includere la Lipu nel testamento. Oggi abitiamo in una casa immersa nelle colline e pensiamo che questo luogo sia un luogo da salvare perché, come scrisse Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”.

un testamento per la naturaun testamento per la natura

Abbiamo quindi scelto la Lipu affinché la bellezza della nostra casa rimanga intatta nel tempo che verrà. Ad esempio, recentemente, abbiamo piantato un pino che crescerà quando noi non ci saremo più e sappiamo che la Lipu non lo taglierà, perché è utile anche agli uccelli. Grazie al nostro gesto questo terreno andrà in mano a un’associazione che garantirà tutto questo. Lo affidiamo alla Lipu per realizzare il nostro desiderio che queste nostre colline vengano mantenute e che questi ambienti naturali non siano distrutti, anzi, abbiamo la speranza che se ne creino di nuovi.

Cincia dal ciuffoCincia dal ciuffoCrediamo infatti nella capacità di questi luoghi di risvegliare il meglio di noi e, in futuro, potranno fare la stesa cosa con i giovani. E se la Lipu potesse collaborare con l’Istituto Buddista della nostra zona, sarebbe un sogno. Queste due realtà sembrano due cose distinte ma sentendo una preghiera cara al Dalai Lama capiamo come possano unirsi e spero che lo facciano proprio per i giovani. Credo infatti che la Lipu, con le sue attività - come quei bellissimi “riti” di liberazione degli uccelli guariti nei centri - concorra a cancellare i “dolori del mondo”.»

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Domenica, 15 Dicembre 2019 23:44

I Giusti

Operano in silenzio, spesso in segreto, contribuendo al miglioramento della società e alla difesa del bene comune. Sono fondamentali per la protezione della natura perché aiutano la causa e rappresentano un esempio positivo, che si propaga. La Lipu ne è piena (soci, donatori, volontari) e può vincere soprattutto grazie a loro

La signora Olga Owens Huckins viveva in una piccola oasi naturale a Duxbury, nel Massachusetts. Un santuario per uccelli selvatici gestito con passione quotidiana: cibo nelle mangiatoie, acqua negli abbeveratoi, cura della vegetazione, un’attenzione costante ripagata dall’arrivo dei piccoli uccelli canori, a primavera, e dal tripudio di canti, voli, gioia, che portavano con sé. Poi, a un certo punto, il silenzio. Gli uccelli erano spariti, non tornavano più. Così, nel gennaio del 1958 la signora Huckins scrisse alla biologa Rachel Carson, già nota negli Stati Uniti per un libro di successo sul mare e, in genere, per il suo amore per la natura. «Gli uccelli hanno smesso di cantare, la primavera è diventata silenziosa. Può fare qualcosa?».

Nel mio giardino il mondo intero

Mai, la signora Huckins, avrebbe potuto immaginare gli effetti dirompenti di quella lettera. Ricevuta la missiva, Rachel Carson cominciò a studiare il caso, a scoprirne di analoghi, a decine, in tutti gli Stati Uniti, e infine a svelare la relazione che dal Ddt, copiosamente diffuso sui campi agricoli o sulla vegetazione urbana e assorbito dagli insetti, portava all’avvelenamento dei piccoli uccelli che di quegli insetti si nutrivano. Una filiera mortale, denunciata da Rachel Carson nel leggendario Primavera silenziosa, un libro (1962) che con la forza di un ciclone si abbatté sull’industria agricola e in genere sulla cultura mondiale, almeno in parte, trasformandole.

La storia dell’ambientalismo moderno nacque lì, dall’azione di scienza e coraggio di Rachel Carson ma prima ancora - e questo è il punto che ci interessa - da quella semplice lettera, scritta per mano della sconosciuta signora Olga da un giardino sperduto del New England. Un giardino di cui Olga si prendeva cura come fosse il mondo intero.

Quasi in segreto

Nel mondo ci sono i leader, i personaggi famosi, i trascinatori di folle, e poi ci sono le Olga Huckins. Persone che operano in silenzio, in solitaria, quasi in segreto, per il bene comune. Un’opera non priva di eroismo, perché quasi sempre gli eroi agiscono da soli, e talvolta segnata anche da un tratto di tragico, perché la missione dell’eroe (se pure in questa forma particolare dell’antieroe, della persona qualunque) porta a vivere su sé stessi, sul proprio corpo, nella propria anima, anche la drammatica difficoltà di certe imprese. Ma soprattutto, un’opera convinta, che ha la forza di una goccia che scava e la serenità di chi sa bene di essere nel giusto e di fare il giusto.

Jorge Luis Borges, il grande scrittore e poeta argentino, in una poesia davvero universale, chiama queste persone proprio così: “i giusti”. Leggiamola, la poesia di Borges. Lo merita e darà un aiuto al nostro ragionamento.

Chi sono i giusti?

«Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire / Chi è contento che sulla terra esista la musica. / Chi scopre con piacere un'etimologia. / Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi. / Il ceramista che premedita un colore e una forma. / Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace. / Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. / Chi accarezza un animale addormentato. / Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. / Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. / Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. / Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo».

 

Chi sono, secondo Borges, i giusti? Cosa intende dirci lo scrittore argentino con questo splendido quadro? Almeno tre cose: 1) i giusti sono coloro che fanno il proprio dovere, coltivano convintamente una virtù senza tentennare; 2) i giusti sono coloro che fanno alcune cose e non altre: accarezzare un animale che dorme non equivale a maltrattare un animale. E così curare il giardino, vivere la letteratura, promuovere la tolleranza, preoccuparsi per gli altri, amare la natura. Come dire: non tutte le etiche sono uguali, non tutte le cose che facciamo o possiamo fare sono giuste; 3) i giusti sono, per l’appunto, persone qualunque. Non eroi da copertina, non figure eccezionali ma donne e uomini semplici che, consapevoli o meno, dedicano la propria vita a fare cose buone. Parafrasando (e capovolgendo) una storica definizione di Hannah Arendt, sono la semplicità del bene. La microfisica del bene.

Teoria del balcone fiorito

Alberto è un architetto di mezza età. Lavora tutti i giorni fino a tarda sera, tranne che un’ora pomeridiana, quando, rimboccatesi le maniche, prende un grande innaffiatoio di alluminio ed esce, per dare acqua alle aiuole del quartiere che lui stesso ha creato. Pian piano, la base spoglia degli alberi ingrigiti dallo smog si è animata di piantine e colori. Una dopo l’altra, le aiuole sono fiorite, formando tra loro una sorta di rete invisibile, una sinfonia di cordiale natura cittadina. Il volto del quartiere si è ingentilito. «Lo faccio - dice Alberto - perché questo è il posto in cui vivo, queste sono le strade che attraverso io e attraversano i miei figli. Lo faccio perché voglio che anche gli altri vivano in un luogo più bello».

L’azione di Alberto è stata contagiosa. Ad Alberto è seguita Paola, e poi Teresa, e poi un’intera famiglia del terzo piano, e poi un gruppo che si è chiamato “ll team della domenica mattina”, e poi tanti altri. E così in altri quartieri e in altre città, ognuno con il suo Alberto, la sua Teresa, la sua Olga Huckins. Gli orti urbani hanno preso il posto del degrado, gli alberi schiacciati dalle lamiere sono tornati a respirare, nidi artificiali e mangiatoie hanno fatto capolino sui rami. I balconi sono fioriti. Ecco, i balconi, le finestre. L’interfaccia della gente sulla società.

Se sono tutti spogli, resteranno tutti spogli. Ma se qualcuno fiorisce, fioriranno anche gli altri (e se non accade subito, non importa). Il vuoto sarà progressivamente riempito. Il grigio cederà il posto a un colore. Le passioni tristi si riscalderanno. E nella società del rancore, che domina le nostre esistenze sociali, finalmente si aprirà una crepa.

Ricette contro il rancore

In un illuminante saggio appena pubblicato dal titolo La notte di un’epoca, il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii, cerca di dare una risposta a un problema di cui il centro per gli studi sociali (che ogni anno pubblica un rapporto sullo stato sociale del Paese) si occupa ormai da qualche anno: lo sfaldamento sociale del nostro mondo. Il raffreddamento della società, il suo ripiegarsi su sé stessa per dar vita, appunto, a un sistema del rancore. La tesi di fondo del Censis, del tutto condivisibile, è che la crisi economica che da tempo attanaglia l’Italia (e non solo) non è la sola causa, e forse nemmeno la vera causa, del malessere del Paese La sofferenza è soprattutto morale.

È la perdita di senso, di ragioni, di valori, di grandi obiettivi e ideali. È anche la perdita delle relazioni, sostituite da una società molecolare in cui le persone si chiudono in sé stesse, smettono di credere in un miglioramento, smettono di agire. «Le feste di Natale fanno esplodere il mio dolore, di solitudine e disincanto. Non credo più nella società », ha scritto una persona nella lettera ad un settimanale. La soluzione a questo problema vasto e profondo, dice Valerii, passa anche dal metterci in gioco, dall’esempio significativo che possiamo dare. Passa dalla speranza, non come semplice anelito ma come pratica, come esercizio. Passa dall’altruismo, dalla generosità. In tal senso, le analisi annuali in tema di filantropia e donazioni svolte da Gfk Eurisko per l’Istituto italiano delle donazioni, fanno emergere che la funzione delle donazioni non è solo quella, importantissima, di dare soluzione a specifici problemi (ambientali, sociali eccetera) ma anche quella, altrettanto rilevante, di rafforzare il senso di solidarietà, il legame tra le persone, la generosità come modo di tessere una nuova tela sentimentale. Un rimedio contro i problemi specifici ma anche contro la freddezza, l’isolamento, la disillusione. Una vera ricetta per curare il rancore.

Il cuore della Lipu

Di queste storie, cioè storie di giusti, la Lipu è piena.

Lo è stata sin dal 1965, con la generosità senza fine del suo fondatore, Giorgio Punzo, che sacrificò l’intero patrimonio per il bene della natura, e lo è oggi, con i 33mila soci e donatori che rappresentano il cuore dell’associazione e mai mancano di essere presenti, anche, soprattutto nei momenti più difficili. Gabriella, che ha acquistato per la Lipu uno stagno per gli uccelli migratori; Elda e Luciano che l’hanno continuamente resa più forte; Adriana, che con la sua grande donazione permetterà la costruzione di una “Casa della Lipu” e il forte sostegno ad oasi e centri; Daniela, che ci ha lasciato in eredità una splendida tenuta nel centro Italia; e poi Domenico, Luigi, Claretta, Anna, Mario, Clemente, Carmela, i soci della Lipu Uk e tanti altri, impossibili da citare tutti, come meriterebbero. Piccoli e grandi gesti, piccoli e grandi doni, un grande aiuto, sempre. E poi gli oltre mille volontari che ogni anno dedicano all’associazione 200mila ore di impegno, nei centri recupero, nelle oasi, nelle delegazioni, per le strade, nella lotta al bracconaggio e alle illegalità, nella promozione culturale, contribuendo in modo collettivo o solitario al perseguimento della missione, senza stancarsi e senza temere di essere “troppo piccoli per fare la differenza”.

Microfisica della natura

Può, allora, l’impegno individuale, fare la differenza? Certamente sì. Anzi, l’impegno individuale assume oggi una valenza speciale di fronte alle difficoltà vissute da qualsiasi governo o amministrazione pubblica, in una situazione di generale e quasi totale ingovernabilità. Non c'è governo o amministrazione, oggi, in grado di salvare da solo un territorio, una città, uno Stato, senza il supporto atomico dei cittadini. La qual cosa non deve certo rappresentare un alibi per la politica, né esimerla dal diventare migliore (al contrario, è urgente che accada), ma rappresenta una precondizione per il cambiamento. Responsabilità individuale, impegno di ciascuno, spontaneismo ragionato: sono le regole auree, strategiche, della società del ventunesimo secolo.

Tutto questo, peraltro, è tanto più vero in materia ambientale, se consideriamo quanto l’azione civica rafforzi il senso del bene comune e quanto il senso del bene comune sia essenziale per la protezione dell’ambiente. Cos’altro è, la natura, se non il più grande bene comune che esista? L’indisponibile patrimonio di tutti e di nessuno? Se il senso del bene comune non esiste, salvare la natura diventa impossibile. Infine, c’è un altro aspetto da considerare: di fronte alla distruzione ambientale in atto, alla perdita di siti e habitat naturali, contare su una serie di azioni mirate sul territorio, anche molto localizzate, può voler dire tanto. Piccole aree umide - per fare un esempio - curate da micro-gruppi di volontari (e in alcuni casi anche da singole persone, le Olga Huckins del caso) e dislocate sul territorio, che permettano la sosta agli uccelli selvatici durante il viaggio della migrazione e siano un concreto aiuto alla biodiversità. Un aiuto che in molti casi può essere decisivo. Il futuro dell’impegno naturalistico sarà anche questo: non solo grandi aree protette (indispensabili) ma piccole oasi, ”giardini” di biodiversità, santuari per uccelli alla Olga Huckins. Un mosaico di beni naturali. Una microfisica della conservazione della natura.

Ognuno

In un certo senso è così: in ogni giardino c’è il mondo intero. In ogni mangiatoia per uccelli ci sono tutti gli uccelli del mondo. Non è panteismo, non è idealismo. È la visione della vita come rete della vita, che rende nobile ed indispensabile l’agire di chiunque di noi, anche di chi pensa di non contare. «Il sogno di ogni cellula - scrive il genetista Francois Jacob - è quello di diventare due cellule».

Per le persone vale la stessa cosa: il sogno di ognuno di noi è rompere la gabbia buia della solitudine e dell’impotenza, lasciarsi alle spalle il rancore, il risentimento, ed essere insieme. La musica, la tolleranza, il pensiero, il gioco degli scacchi, l’etica del lavoro, l’aiuto al prossimo, lo studio, la natura, gli alberi, il giardino, l’acqua alle aiuole, i nidi artificiali, le mangiatoie, la tutela di un’area umida, gli uccelli. Ognuno faccia quello che può, poco o tanto che sia, ma lo faccia. È bello, è utile, è doveroso, è giusto, e se lo facciamo non ci saranno primavere silenziose, né passioni tristi, né Natali vissuti nella solitudine e nel disincanto. Se lo facciamo, abbiamo già vinto

Danilo Selvaggi, Direttore generale della Lipu

Lunedì, 05 Agosto 2019 21:50

Anna ha sognato la natura per tutta la vita

Ho incontrato Anna nella sua incredibile casa nel bosco. Un luogo “selvaggio” abitato da animali che sono i suoi compagni di vita.

“Il primo ad accogliermi è stato un moscardino, dalle chiome degli alberi arrivava il canto di tantissimi uccelli diversi. Poi sono arrivati uno scoiattolo, una volpe, un tasso. Sono rimasta in silenzio fino a tarda sera per conoscere gli abitanti del luogo. È così che è iniziata la mia nuova vita in una famiglia diversa, anzi “biodiversa”, che avevo desiderato per tanto tempo.

Quando ho visto per la prima volta questo posto, che poi è diventata la mia casa, è stato amore a prima vista. Sei anni dopo sono tornata, decisa a trasferirmi, e ho scoperto che la proprietà era tornata in vendita da pochi giorni. Un’incredibile coincidenza. Era chiaro per me, questo posto era il posto giusto. Dopo anni di ricerche per la prima volta mi sentivo finalmente a casa, circondata dalla natura. ”

Quando Anna era solo una bambina viveva in città, in una palazzina di tre piani e aveva un pesce rosso in un vaso e questo era tutto il suo contatto con la natura. Anna andava a scuola e riempiva i suoi disegni di animali e piante, un universo lontano in cui avrebbe voluto vivere. Poi arrivava l’estate, la annunciavano le rondini con il loro canto allegro ed insistente. 

Ogni estate Anna andava dalla nonna in vacanza e lì cominciavano le sue avventure. Quelle avventure che si fanno da ragazzi e che ti rimangono dentro per sempre. Come quella volta che è scappata a cavallo con il figlio dei contadini loro vicini per scoprire una grotta di pipistrelli.

“sapevo che avrei potuto ritrovare il mondo incantato degli animali nascosti, irraggiungibili, tra gli alberi o nei campi lontani. Spazi grandi, verdi pieni di presenze che in città vedevo solo sui libri. Ero incantata da tutto ciò che si muoveva, soprattutto dalle farfalle e dagli uccelli che potevano volare.”

Crescendo Anna va a vivere a Roma, un’altra grande città l’attende. La vita continua e la capitale le offre tante opportunità: la natura deve aspettare. Anna non immagina di certo che il vento sta per cambiare e sta per arrivare una nuova occasione per rimettersi in gioco e ritrovare quell’antico legame, mai perso. Un giorno le viene fatta una nuova offerta di lavoro nell’alto Lazio, in una zona di campagna. All’inizio Anna è poco convinta, pensa di non riuscire a rinunciare a Roma, pensa che questa sarà solo una soluzione di passaggio, per qualche tempo. Tutto questo prima di ritrovare la natura in un vecchio casale dove si trova a vivere. Un’esperienza che cambierà la sua vita, per sempre.

Da allora la Natura è diventata il Luogo dove mi sento a casa e gli animali selvatici e domestici la mia Famiglia. La città è molto lontana, ma non mi sento privata di opportunità, la vita in questo spazio naturale mi offre non solo un riparo, ma continue occasioni di crescita, di scoperta e di tante emozioni che spesso mi aiutano a superare i momenti di sconforto e mi aprono uno sconfinato meraviglioso universo, troppo spesso relegato ai margini delle nostre umane vite e minacciato dalla nostra noncuranza.”

Anna è diventata la custode di un angolo di Natura che ha sognato per tutta la vita. Un posto speciale che le permette di rimanere in contatto con gli animali perché sente che ogni giorno le insegnano cose preziose sulla vita e sulla morte, sulla gioia e sul dolore, sul coraggio e sulla paura. La sua scelta di prendersi cura di un luogo così “selvaggio” è nata dalla consapevolezza che nel mondo la biodiversità sta rischiando di scomparire in tutto il Pianeta Terra. È questo suo grande desiderio che le ha fatto conoscere la Lipu.

Anna oggi ha scelto di includere la Lipu nel suo testamento per continuare a proteggere gli animali e la natura, quella famiglia che lei stessa ha cercato per tutta la sua vita. Il suo desiderio è uno solo, continuare a difendere la biodiversità, in tutte le sue forme.

 

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Mercoledì, 07 Febbraio 2018 19:44

Silvia dipinge la natura preziosa

Silvia Molinari dipinge da quando ha memoria. La pittura e il canto sono le sue prime passioni, che non ha mai abbandonato. La natura è l’immancabile sfondo della sua vita privata e artistica.

Silvia Molinari vive nella campagna emiliana, circondata dai canali di irrigazione, dal prugnolo e dai gelsi. Il suo studio è in un vecchio edificio contadino, all’interno dell’antica corte in cui la sua famiglia ha vissuto per generazioni. E’ qui che nascono i suoi bellissimi acquerelli di natura, proprio come quelli che ha realizzato per i Soci e gli amici della Lipu.

Ho piantato un biancospino che è una pianta tipica delle nostre parti. E’ una varietà che fa bacche molto grosse per cui ho molti uccelli che vengono a visitarmi.” Davanti alla sua casa, in uno spazio abbandonato, Silvia ha costruito il suo “giardino confuso” fatto di piante semplici e tenaci: una rosa, un biancospino, un fico, piante belle e resistenti che d’inverno sfamano stormi di cince, di pettirossi, di merli e di codirossi.

Le piante che ho scelto sono piante resistenti che non si ammalano facilmente. Sono le piante che amo di più. Ci sono delle rose, amo le rose perché sono tra le piante più coriacee, fioriscono più volte durante l’anno e in inverno fanno bellissime bacche che sono di nutrimento per gli animali intorno.”

Di carta e acqua

Colori brillanti, pastosi e luminosi, colori speciali con una componente di miele d’api per una resa vivida e trasparente che non deve lasciare residui. Sono questi gli strumenti che Silvia utilizza per realizzare i suoi particolarissimi acquerelli di natura, in cui i soggetti si stagliano su un bianco disarmante, sospesi. Carta di puro cotone, non sbiancata, non trattata con acido, non martellata. Carte create con cura artigianale, carte la cui trama antica è fatta per supportare l’acqua e non lasciarla scappare.

Dipingere il silenzio

“Mi piacciono le forme silenti. Mi piace rappresentare cose che intorno a loro hanno un vuoto e per questo difficilmente rappresento uno sfondo, perché voglio che ci sia la carta a respirare intorno e che quindi in questo momento di sospensione ci sia la possibilità di un pensiero in più. Con leggerezza e rigore, come succede negli haiku giapponesi, i miei lavori non cercano di riprodurre semplicemente immagini, non vogliono essere evocativi, cercano solo il loro spazio nel mondo come la rosa che ha bisogno del suo spazio impervio per crescere rigogliosa”.

Dürer, Monet, Ligabue

Il maestro più grande di tutti per Silvia è Albrecht Dürer, quello che più ha saputo rappresentare la natura “in modo poetico, pulitissimo, moderno, elegante e coraggioso. Coraggioso nella sua pulizia e nel suo rigore che non cede mai alla sola rappresentazione”. Ma Dürer non è l’unico artista ad aver ceduto al fascino della natura.

Da sempre l’uomo si è immerso nella bellezza che aveva intorno e vi ha cercato ispirazione per i propri capolavori. Dai paesaggi mozzafiato di Friedrich alle ninfee di Monet, da Leonardo alla tigre di Antonio Ligabue. Gli artisti hanno sempre avuto un rapporto privilegiato con la natura, un sentire che li accomuna ma che non hanno solo loro.

La natura non è snob

“Sono convinta che questa sensibilità per la natura sia un dono che non appartiene solo agli artisti. I miei vicini di casa sono quasi tutti contadini. Loro sono natura, sono parte del paesaggio in cui si muovono. Hanno un rapporto diretto con la natura, possono ignorare i nomi scientifici delle specie, ma conservano una confidenza con la terra, non da esploratori ma da persone che vivono nella natura, ne fanno parte. La natura non è elitaria, non esclude nessuno che vuole conoscerla, la natura non è snob. La natura è una risorsa straordinaria perché ti fa sentire facilmente a casa, protetto, in condivisione, ovunque ti trovi.”

L’emozione più bella da condividere

L’amore per la natura Silvia lo ha imparato dalla sua famiglia. Dalla nonna prima di tutto. “Ricordo che facevo scoppiare i petali di rosa nell’incavo della mano. Ricordo questi giochi semplici che facevo con lei come scommettere sul colore del papavero quando il bocciolo è ancora chiuso. Le pannocchie da sgranare, i gambi del tarassaco fatti arricciare nell’acqua fredda. Il giardino di casa, i campi intorno che non avevano confini erano tutt’uno. O ancora la spine dei cardi selvatici che si aggrappavano alle calze e le portavi fino a casa.”

L’amore, la cura

E poi la madre che le ha trasmesso l’amore per le piante, piante da scoprire e a cui dare un nome. “Trovo che ci sia un valore in più nelle piante, sanno manifestare una capacità di vita e riappropriarsi del territorio. E’ affascinante il modo in cui i semi di una pianta si aggrappano alla coda degli animali selvatici per viaggiare lontano, sono affascinanti le spine, è bello come le piante entrano, interagiscono con i luoghi abbandonati, gli spazi in sospensione - quelli che Gilles Clément ha chiamato “il terzo paesaggio” - danno un senso a questi luoghi.

Il ramo di un biancospino selvatico ha una bellezza inarrivabile. Quando vedo il giro dei convolvoli che si arrampicano intorno ad una vecchia rete di recinzione, una cosa che era brutta e improvvisamente non lo è più, è un suono pulito che si affaccia in mezzo al caos, è come se ci fosse una spiegazione una cura. Ecco io ci vedo una cura.

Silvia Molinari è un’artista di fama internazionale. Vive e dipinge nel cuore della campagna emiliana, ma le sue opere hanno viaggiato in tutto il mondo, da Tokyo agli Stati Uniti. Ha esposto in mostre prestigiose come la Biennale di Venezia o l’Affordable Art Fair di New York e Milano. Silvia pensa che la Natura sia immensamente tenace, poetica, creativa.

Silvia Molinari disegna per alcune delle più importanti riviste italiane di botanica, tra cui Gardenia, tiene corsi e seminari in cui insegna disegno dal vero, collabora con diverse riviste di illustrazione, brand profit e nonprofit. Arbusti, foglie, frammenti vegetali e altri delicati esseri viventi come insetti e uccelli sono i protagonisti delle opere di Silvia, figure che sembrano appena scivolate sul biancore della carta. Gli scatti di Silvia nella sua casa sono di Serena Groppelli.

4 delle splendide illustrazioni che Silvia ha disegnato per la Lipu4 delle splendide illustrazioni che Silvia ha disegnato per la Lipu

Se anche tu sai vedere nel biancospino selvatico la bellezza inarrivabile della Natura, proteggila, è preziosa. Puoi iscriverti alla Lipu qui sotto. Con la tua iscrizione riceverai quattro delle stampe di Silvia e la rivista Ali, il trimestrale dei Soci.

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Il rumore dei calabroni, il ronzio, per me è una musica. E’ sempre stata una musica, è bellissimo ascoltarli.

Sono sempre stata una bambina diversa, ho sempre avuto una sensibilità speciale per gli animali. Dagli uccellini caduti dai nidi, raccolti e allevati, le rane, i gatti. Tutto mi chiamava. Sono nata così, sono sempre stata così.

Ero spesso sola, ma gli animali hanno riempito la mia vita di ricordi bellissimi. Tornavo da scuola, a piedi (allora i bambini andavano e tornavano da scuola da soli, non avevano bisogno di essere accompagnati) e c’erano dei giardinetti, ero piccola, ero alle elementari, settant’anni fa. Abitavo in centro, a Milano, eppure tutto intorno a casa mia c’erano dei prati e io trovavo sempre qualcosa. A volte portavo a casa una rana, ma mia mamma non voleva, me la faceva sparire. Quando d’estate mi mandavano in colonia raccoglievo anche le cavallette e le lumache. Le portavo nel dormitorio, le lumache si arrampicavano sui muri e le suore me ne dicevano di tutti i colori.

Ricordo ancora quando i vicini mi hanno detto che una gattina era stata buttata dal balcone. Nel mio quartiere sapevano di questo mio amore per gli animali, così mi hanno subito avvertita. Sono corsa a prenderla, l’ho portata a casa. Mia madre mi ha detto Proviamo a tenerla per una notte. La gattina non aveva subito traumi e la mamma mi ha permesso di tenerla con noi. E’ stata un’emozione indescrivibile, poter finalmente tenere un gatto per me era tutto. Mi riempiva la vita. Da quel giorno ho sempre avuto dei gatti a farmi compagnia. Oggi ho una gatta, la Minou che oramai ha una certa età, e meno male che ho lei.

Così come la passione per gli animali ho la passione per la natura, tutto è collegato. Con le piante del mio balcone ci parlo e le accarezzo, le curo, le sento. Forse è per questo che sono così belle. A me basta guardare una pianta e sento subito se ha bisogno di qualcosa. Oggi vado poco in giro (ci vedo poco e non riesco a distinguere i volti) ma se passa un gatto lo vedo, se passa un cane lo vedo. Ero crocerossina, questo spirito di aiutare ce l’ho proprio dentro, è nel mio DNA di occuparmi di chi ha problemi, gli animali, le piante, le persone. Una vita costellata di animali raccolti e portati con me, non sopporto di vederli soffrire. Tutti quelli che amano gli animali hanno sicuramente storie simili da raccontare, perché se ami gli animali non puoi rimanere indifferente.

Penso che se i bambini e i ragazzi di oggi avessero più ricordi di natura e di animali la mentalità potrebbe cambiare.

Perché lo so, non tutti nascono con un’empatia come la mia, ma l’amore per gli animali e la natura se lo si insegna, a partire dalla scuola, si può imparare. Bisogna insistere perché i bambini assorbono tutto, sono molto attenti, molto più di quanto la gente pensa. Bisogna agire molto in questo senso, parlarne, divulgare e allora si sensibilizzano le persone.

Da tempo penso a come potrò aiutare gli animali quando non ci sarò più. All’inizio ero un po’ perplessa. Conosco gli esseri umani e so che non ci si può fidare di tutti. Poi ho conosciuto la Lipu e mi sto informando sui loro progetti. Se i soldi sono spesi bene, se le associazioni agiscono per proteggere gli animali, evitare sofferenze inutili e cambiare le leggi balorde: allora ben venga e credo che sia giusto destinarli a queste finalità. La natura e gli animali hanno significato tanto nella mia vita e voglio che anche quando non ci sarò più in qualche modo continuerò ad aiutarli.

La cosa che spero di più è che in futuro gli animali, tutti gli animali, saranno trattati meglio perché oggi ci sono tante cose di come gli uomini trattano gli animali che mi angosciano e ci penso ogni giorno. Se usiamo bene i nostri sentimenti, se li diffondiamo, ci saranno sempre più persone che riflettono sulle conseguenze delle loro azioni, ci sarà più attenzione e rispetto per gli animali.

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Se la storia di Angela ti ha toccato il cuore e, come lei, vuoi valutare la possibilità di fare una scelta importante come una grande donazione o un lascito testamentario in favore di animali e natura, parlane con noi. Risponderemo alle tue domande su lasciti e grandi donazioni.

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Sabato, 30 Luglio 2016 17:15

C'era una casa in mezzo al campo

Alfredo ha 68 anni, da vent'anni è Socio della Lipu, ma solo pochi mesi fa si è reso conto di una cosa molto importante. Quella che segue è la sua lettera. Il messaggio che contiene ha saputo tracciare un segno.

“Avevamo questa casa vicino a un campo di barbabietole da zucchero, c’era anche un prato con degli alberi da frutto. Mi ricordo un giorno di primavera, dovevo avere sei o sette anni. Mio padre era in giardino con una grande scala appoggiata ad un albero. L’ho seguito e l’ho guardato salire i pioli di legno e sparire in mezzo al verde delle foglie che dondolavano nell’aria.

Io stavo lì “tieni ben ferma la scala” mi urlava ogni tanto da là in alto. E poi a un certo punto qualcosa mi ha colpito in testa, era una ciliegia rosso fuoco. Poi ne è caduta un’altra e un’altra ancora. L’ho afferrata con una mano e l’ho mangiata era la cosa più dolce e saporita del mondo e aveva un profumo fortissimo e il gusto della primavera.

Negli anni settanta ci siamo trasferiti in città, a Milano, perché mio padre è stato assunto da una grossa azienda che aveva la sede là. Anche io ci sono andato a lavorare più tardi. Non mi sono mai sposato. La casa vicino al campo di barbabietole l’abbiamo tenuta per molti anni, ci andavamo nei fine settimana e d’estate, poi alla fine l’abbiamo affittata.

L’altro giorno stavo leggendo un libro a mia nipote. Era un libro con tanti disegni di rane e rospi. Mia nipote mi ha detto “Zio, ma tu hai mai visto un ranocchio vero?”. Non sapevo cosa rispondere, mi sembrava uno scherzo. Come poteva essere possibile che un bambino non avesse mai visto un ranocchio? Mi è venuto in mente il laghetto dietro al prato degli alberi da frutto, che rumore che facevano le rane di notte d’estate e quanti pomeriggi passati a rincorrerle nell’erba alta.
Ho capito che i bambini e i ragazzi di oggi stanno perdendo il contatto con la natura. La natura e gli animali sono una cosa lontana che si legge sui libri o si vede nei documentari in tv o sul computer. Ma dov’è finita l’emozione di mangiare quelle ciliegie appena cadute dall’albero? E chi gliela restituirà?

Sono vostro Socio da vent’anni. Domenica scorsa sono stato in un’Oasi Lipu vicino a Cesano Maderno e ci ho portato anche la mia nipotina che ha partecipato a un laboratorio didattico. La signorina del laboratorio le ha fatto togliere le scarpe e lei ha corso a piedi nudi nel prato insieme agli altri bambini. Non l’ho mai vista così felice.

Se penso al futuro vorrei che cambiassero tante cose che non vanno. Vorrei che ci preoccupassimo meno delle cose che compriamo e un po’ di più delle cose che stiamo perdendo e che anzi abbiamo già perso senza accorgercene neanche. Per questo ho deciso che la casa vicino al campo di barbabietole e il prato dei ciliegi li lascerò alla Lipu. Perché i prati sono fatti per i piedi dei bambini, per correrci scalzi e rincorrere le rane d’estate. Questi sono i ricordi più belli che si portano dentro tutta la vita.”

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Domenica, 13 Dicembre 2015 21:07

Elda pensa che la bellezza salverà il mondo

Cosa ti immagini del futuro? “Mi immagino che in questo posto saranno venuti tanti giovani e che sarà cresciuta una generazione che avrà capito qualche cosa di più. Saranno un nuovo inizio, saranno un esempio.”

Per la prima volta dopo lo scoppio della pandemia siamo tornati nel giardino di Elda, in Toscana. È una bellissima giornata di agosto, i gruccioni coloratissimi ci danno il benvenuto appoggiati sui fili della luce, il rigogolo canta attraverso i rami dei cipressi.

Elda ci apre il cancello accompagnata dal suo cane che non la lascia mai. È una signora minuta con i capelli ricci bianchi e due occhi dolcissimi, profondi, pieni di parole, di pensieri e di storie. Nelle due ore che stiamo con lei ci parla di Leopardi, di Buddha e di stelle, ma anche di giovani e di futuro. E ci racconta una storia bellissima, la storia di un gesto di amore che va al di là dello spazio e del tempo, una storia di animali e di natura.

Elda è socia della Lipu da oltre 40 anni, e dopo una vita in città, negli anni ‘80 lei e suo marito hanno deciso di acquistare una casa in campagna, in un posto al riparo dai fucili dei cacciatori e qui hanno cominciato a coltivare il loro sogno curando la vigna e gli ulivi, circondati dalle rondini e dai passeri. Hanno sempre accolto gli uccelli che qui cercavano rifugio come in un grande birdgarden.

“Ho deciso di lasciare la mia proprietà alla Lipu perché so che non taglierà gli alberi, si prenderà cura degli animali. Utilizzerà questo posto per scopi veramente nobili e belli. E qui tra questi alberi c’è l’anima di Luciano e c’è anche la mia anima. Vi dico che noi passeremo, ma le piante rimarranno e quello che abbiamo creato di buono rimarrà”.

Elda è preoccupata per il futuro, soprattutto per il cambiamento climatico.

Ma nelle sue parole c’è anche tanta speranza perché sa che il suo giardino grazie alla Lipu diventerà un luogo di educazione ambientale.

Elda pensa che la bellezza salverà il mondo, e che ognuno di noi può lasciare un segno. Non è mai troppo tardi per farlo. “Se vogliamo salvarci e se vogliamo salvare la bellezza che ci circonda dobbiamo pensare a fare qualche cosa. C’è un detto orientale che dice Chi ha piantato un albero non è passato invano su questo mondo”.

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Domenica, 13 Dicembre 2015 18:32

Alberta sogna un futuro senza caccia

«Cambiare idea è possibile, perché gli occhi degli animali sanno parlarci»

I soci della Lipu hanno in comune una cosa, la certezza che lavorando insieme è possibile costruire un mondo diverso e più giusto per la natura e anche per gli uomini. La signora Alberta, Socia e Grande Donatrice è così fiduciosa nel futuro che ha deciso di riservare alla Lipu un posto speciale nel suo testamento. Le parole di Alberta ci hanno toccati e riempiti di orgoglio, per questo le vogliamo condividere.

Quand'è nato il suo amore per la natura? Mi ha accompagnato fin da bambina. Gli animali, la musica e la natura appunto sono gli unici valori che ho riscontrato nella mia vita e che, ogni volta, riescono a sorprendermi e a emozionarmi. Quando guardo alla finestra e vedo i miei "amici" — merli e passerotti posarsi sul balcone in cerca di cibo, provo una sensazione di gioia e di speranza.

Come ci ha conosciuto e cosa le è piaciuto della LIPU? Ho conosciuto la Lipu mentre ero nella sala d'aspetto di un medico, dove ho trovato Ali. La rivista mi è piaciuta subito, e ho trovato i vari articoli molto interessanti e piacevoli. Per questo mi sono avvicinata all'Associazione iniziando a chiedere informazioni sulle varie attività e diventando Socia e Donatrice quasi da subito... era il 1989.

Perché ha deciso di includere la LIPU nel suo testamento? In un numero di Ali che, come Socia, ho ricevuto a casa, mi ha colpito moltissimo un editoriale dell'allora presidente Danilo Mainardi, così competente e coinvolgente al tempo stesso. Il professor Mainardi è una persona che ho sempre ammirato e stimato moltissimo. Per me Mainardi è stato la garanzia della serietà e dell'ottima gestione dell'Associazione.

Qual è il suo più grande desiderio per il futuro? Che gli animali non siano maltrattati, che non vengano usati come cavie per gli esperimenti, in altre parole che siano rispettati. Spero che ci sia sempre più tutela per queste bellissime creature e per gli ambienti in cui vivono.

E poi ho un sogno... Un giorno ho letto un articolo che parlava di un cacciatore che, dopo avere sparato a un merlo l'ha trovato ancora vivo e agonizzante. È stato talmente colpito dalla sofferenza di questa piccola creatura, che in un istante ha capito quanto fosse ingiusta la caccia e ha appeso per sempre il suo fucile al chiodo. Storie come questa mi fanno pensare e sperare che cambiare idea è possibile, perché gli occhi degli animali sanno parlarci. Ecco il mio sogno: un futuro senza più caccia.

*il nome della signora Alberta è un nome di fantasia scelto per tutelare la sua privacy

 

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Domenica, 13 Dicembre 2015 18:08

Pinuccia, il pettirosso e la tapparella

Cose semplici, ma che fanno bene al cuore

Ci piace pensare che ogni volta che un socio della Lipu riceve la rivista Ali è un po' come se aprisse una lettera da un amico che gli dice “come stai? Guarda cosa stiamo facendo insieme”. Qualche mese fa abbiamo ricevuto un messaggio di ringraziamento da Pinuccia, di Verbania:

Sono molto orgogliosa di essere Socia della Lipu e quando ricevo la vostra rivista la leggo da capo a fondo e ringrazio voi tutti per quanto fate... Nel nostro giardino c'è un piccolo acero, sembra un ombrellone e tutto l'inverno ci sta un pettirosso e anche lui, quando mia figlia tira su la tapparella, le cinguetta come per salutarla. Sono cose semplici, ma che fanno bene al cuore. Grazie, Pinuccia.

Pinuccia ringrazia la Lipu per quello che fa, ma in realtà sappiamo bene che il questo lavoro lo portiamo avanti insieme, quindi siamo noi a ringraziare lei, di cuore. Ci piacerebbe poter essere lì a ricordarglielo tutti i giorni, per fortuna che c'è il pettirosso che lo fa per noi.

 

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Domenica, 13 Dicembre 2015 17:55

Adriana sogna una casa per gli uccelli

«Un sogno che si fa da soli è solo un sogno, un sogno che si fa in due è già la realtà.»

Chi non ha un sogno nel cassetto? A volte è un viaggio o qualcosa che da tanto ci promettiamo di fare e non abbiamo mai fatto. Ci ha scritto Adriana che è socia della Lipu da tanti anni e ha un sogno che non vive sulle nuvole, ma è un progetto concreto che parla di natura:

Mi sono iscritta alla Lipu nel 1980 ma, in realtà, ho iniziato ad occuparmene ancora prima. A Reggio Emilia, dove frequentavo le riunioni dell'Associazione, ho conosciuto i fondatori. Eravamo uno sparuto gruppo di persone ma molto appassionate. Io allora insegnavo e ho iniziato a fare "propaganda" nelle scuole distribuendo materiale informativo. Nel tempo libero invece mi occupavo di birdgarden.

Nel mio cortile coltivavo siepi di caprifoglio e agrifoglio con lo scopo di attirare gli uccelli che venivano, numerosi, a visitarci. Questo piccolo angolo di natura ha dato l'esempio a molti dei miei vicini anche, negli anni, hanno cominciato a imitarmi.

Ora mi sono trasferita in Romagna ma non ho smesso di coltivare il mio giardino pensando agli uccelli. Perché la natura è bellezza e, senza voler essere dei romantici, tutti possiamo constatare che serve anche ad elevare il nostro spirito.

Per me è sempre stata la migliore psicoterapia e, nei momenti della vita più difficili, dalla natura ho avuto la forza, il coraggio, la gioia e la serenità di cui avevo estremo bisogno.

La natura conserva in sé qualcosa di trascendente, non è solo materia ma l'espressione di qualcosa di superiore. Per questo ho un grande desiderio. Quello di comprare un piccolo pezzo di terra dove fare un'oasi da donare alla Lipu e, anzi, suggerisco all'Associazione di trasformare questo mio desiderio in un progetto. Acquistate dei piccolissimi fazzoletti di terra nelle città per metterci un albero protetto da una fitta siepe impenetrabile.

Questa piccola isola diventerà presto la casa di una grande varietà di uccelli. Una gioia per gli occhi di quanti, in città, rischiano di dimenticare la bellezza che la natura può regalarci. Il mio sogno infatti è che in futuro si possa fermare la speculazione edilizia, a tutti i costi. La perdita di posti di lavoro non può essere una scusa; si potrebbe, ad esempio, creare nuovi posti nell'agricoltura che erroneamente abbiamo abbandonato. Della Lipu mi piace tutto ma è anche per vedere realizzato questo sogno che voglio continuare a sostenerla."

Yoko Ono ha detto che un sogno che si fa da soli è solo un sogno, un sogno che si fa in due è già la realtà. Trasformare un pezzo di terra o un giardino in un'Oasi non è un progetto impossibile. Si può fare. È qualcosa che lascia il segno e che migliora la vita di tutti, uomini, animali e natura.

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